Dove sei?


Dove Sei? Presentazione del progetto pastorale del card. vicario Angelo De Donatis agli operatori parrocchiali del settore ovest di Roma.

Giovedì sera abbiamo partecipato all’incontro di presentazione del cammino per l’anno pastorale 2018/2019 proposto dalla nostra Diocesi di Roma.
Il Cardinale Vicario Angelo De Donatis, dopo aver condotto la preghiera dei Vespri, è partito da una domanda che Dio fa a tutti noi, e che sarà il filo conduttore dell’anno che ci attende: “Dove Sei?
Questo è il titolo del cammino che faremo. Dio ci provoca quando usa questa espressione, perché spesso non sappiamo dove siamo, o ci nascondiamo vergognosi delle nostre colpe, o lo escludiamo percorrendo sentieri in cui pensiamo di non poterlo incontrare.
In altri momenti viceversa siamo noi a chiedere a Dio dov’è, quando non capiamo il senso di ciò che ci accade, non sappiamo dove andare, non riteniamo di avere la forza per affrontare quanto ci sta capitando.
La domanda è perciò duplice, a noi ed a Dio. E come tale questa domanda è valida e proficua sia per il nostro cammino comunitario sia per quello personale. E’ la domanda che nel Cantico dei Cantici si fanno sposo e sposa nel cercarsi per trovarsi. Dio vuole farci suo popolo per camminare assieme verso la terra promessa, e tutta la pastorale mira alla conversione missionaria, perché nel cuore della Chiesa c’è la evangelizzazione. Questo non va però cercato come un insieme di cose da fare, perché così non se ne esce. Non dobbiamo inventarci cose nuove, ma va ricercata la conversione che nasce dalla domanda “Dove sei?” facendoci uscire allo scoperto nonostante la nostra nudità. Occorre avere una disponibilità di fondo, prendere sul serio la domanda quest’anno perché il Signore ci interpella.
La riflessione sulle malattie che ci vincolano e ci impediscono di vedere quel ragazzo che cade dalla finestra serve a vedere meglio come siamo davvero. La domanda è provocatoria, si tratta di entrare in una vita nuova fatta di esodi, di liberazioni, di sequela. Non servono schemi rigidi fatti a tavolino, ma vanno fatte delle trasformazioni profonde, senza fissare scadenze temporali. Al posto del motto “si è fatto sempre così” occorre avventurarsi in sentieri non battuti che la realtà ci presenta e la parola di Dio ci propone. occorre ascoltare ciò che lo Spirito suggerisce, ed accogliere il grido che esce dalla nostra città. Dobbiamo convertirci ed essere Chiesa di Dio. Dal lavoro sulle malattie delle parrocchie romane è emerso che più di tutto siamo individualisti ed autoreferenziali, atteggiamento di chi pensa che basti non entrare in conflitto con i vicini rimanendo nel proprio raggio di azione. Siamo un popolo che porta in giro un vitello d’oro convinti che è il dio che ci guida, mentre siamo noi a portare l’idolo dove vogliamo. La comunione del popolo di Dio è la garanzia che il cammino sia giusto, secondo le preziosissime indicazioni dell’Evangelii Gaudium, che è scritto per accompagnarci in percorsi di conversione e trasformazione ecclesiale.
A maggio 2018 abbiamo portato il lavoro delle malattie delle Parrocchie al Papa, il quale ci ha detto che è stato come un proficuo “prelievo di sangue”. Adesso la domanda “Dove sei?” chiede di prendere posizione e partire con consapevolezza ed autenticità. Il tempo per questo cammino è una settimana di anni, sino al 2025. E’ tempo favorevole per arrendersi alla voce del Signore e convertirsi.
Ci faremo ispirare dal libro dell’Esodo: con la stessa potenza Dio agirà con noi, e noi dobbiamo rivivere il cammino dell’esodo e compiere la sua opera. Facciamoci trovare pronti, lasciamoci liberare e collaboriamo. Dio non cerca professionisti ma gente disponibile.
Leggiamo la lettera di Paolo ai Corinti, capitolo 10: “1 Non voglio infatti che ignoriate, fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nube, tutti attraversarono il mare, 2 tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nube e nel mare, 3 tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, 4 tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo. 5 Ma la maggior parte di loro non fu gradita a Dio e perciò furono sterminati nel deserto. 6 Ciò avvenne come esempio per noi, perché non desiderassimo cose cattive, come essi le desiderarono.” Interpretiamo l’Antico Testamento alla luce della figura di Gesù, e riviviamo le tappe dell’esodo per toglierci da dei e faraoni , nella consapevolezza che Dio ci vuole suoi figli liberi.
Adesso lo schema del cammino dei prossimi sette anni è ancora rozzo, appena abbozzato, ma per l’anno pastorale 2018/2019 vivremo un anno dedicato alla RICONCILIAZIONE. Leggiamo il capitolo 18 degli atti degli apostoli: “1 Dopo questi fatti Paolo lasciò Atene e si recò a Corinto. 2 Qui trovò un Giudeo di nome Aquila, nativo del Ponto, arrivato poco prima dall’Italia, con la moglie Priscilla, in seguito all’ordine di Claudio che allontanava da Roma tutti i Giudei. Paolo si recò da loro 3 e, poiché erano del medesimo mestiere, si stabilì in casa loro e lavorava. Di mestiere, infatti, erano fabbricanti di tende. 4 Ogni sabato poi discuteva nella sinagoga e cercava di persuadere Giudei e Greci.
5 Quando Sila e Timoteo giunsero dalla Macedonia, Paolo cominciò a dedicarsi tutto alla Parola, testimoniando davanti ai Giudei che Gesù è il Cristo. 6 Ma, poiché essi si opponevano e lanciavano ingiurie, egli, scuotendosi le vesti, disse: «Il vostro sangue ricada sul vostro capo: io sono innocente. D’ora in poi me ne andrò dai pagani». 7 Se ne andò di là ed entrò nella casa di un tale, di nome Tizio Giusto, uno che venerava Dio, la cui abitazione era accanto alla sinagoga. 8 Crispo, capo della sinagoga, credette nel Signore insieme a tutta la sua famiglia; e molti dei Corinzi, ascoltando Paolo, credevano e si facevano battezzare.” E’ la storia della nascita della comunità cristiana di Corinto, che era una grande città cosmopolita e multiculturale come adesso lo è Roma. I primi cristiani di Corinto sono pochissimi, diversissimi, ma hanno il coraggio e la consapevolezza di essere guidati da Gesù Cristo. Escono dalla loro precedente tradizione come in un nuovo esodo per diventare popolo di Dio. Paolo è poi ferito dalle divisioni che nella lettera ai Corinzi gli fanno criticare quelli che dicono a seconda di chi li ha battezzati “«Io sono di Paolo, io invece sono di Apollo, io invece di Cefa”. Il maligno li tenta così come oggi tenta le nostre parrocchie, dove si possono trovare appartenenze separate, diffidenze, rifiuto degli altri. Appartenere ad uno specifico gruppo anziché alla Chiesa è un errore che rende infecondi! Riprendiamo l’Evangelii Gaudium nr. 268/274 per riscoprirci popolo di Dio. Noi vogliamo guarire, è nostro grande desiderio perché ci accorgiamo di diventare infecondi. I due rimedi di cui quest’anno faremo tesoro sono la memoria e la riconciliazione.
Fare memoria vuol dire ricordare il momento fondativo della nostra comunità. Nella comunità di Corinto separata dai nomi di chi ha impartito il battesimo Paolo ricorda che è stata fondata in Cristo, secondo la sapienza di Dio, manifestato nella sua povertà e debolezza, ossia Cristo Crocifisso.
La seconda medicina – la riconciliazione – anch’essa si ritrova nelle parole di Paolo: ciò che è stolto per il mondo Dio lo ha scelto per confondere i sapienti. Nessuno può vantarsi davanti a Dio: chi si vanta, si vanti nel Signore. Dio agisce in modo diverso dalle nostre logiche, e sceglie persone piccole, umili, deboli, povere.
Gesù rivela il suo amore facendosi crocifisso, e la comunità cristiana non può vivere in una logica diversa. Occorre sperimentare su di noi la misericordia di Dio, perché un cuore indurito e superbo fa danni enormi, come quando Mosè da figlio adottivo del faraone giunse ad uccidere la guardia che percuoteva il servo ebreo. Occorre condividere le nostre povertà e l’esperienza della misericordia, lavarci nel battesimo dell’acqua che scaturisce dal costato del Crocifisso.
Dobbiamo essere sinceri, non vantarci dei nostri gruppi, e arrenderci alle mani misericordiose di Dio: una comunità riconciliata trova in Cristo Crocifisso il suo centro, e divisioni e conflitti vengono superati con l’azione dello Spirito.
Certo è bella, ma anche faticosa la strada della fraternità, ma è l’unica per poter superare l’individualismo. Le comunità vanno formate con le persone che la Provvidenza ci mette vicino, e tutti siano accomunati nella celebrazione dell’Eucaristia. Siamo un po’ come porcospini uniti in una stessa tana, in cui stringersi troppo fa male, ma va accettato il rischio della fraternità. Con l’esempio sulla frutta fatto da un monaco trappista sulla vita di comunità si spiegano le diverse maniere di vivere la fraternità. Se la frutta è sull’albero, sono su rami diversi per cui pure se unita in realtà neppure si sfiora. C’è poi la frutta nel cesto, una accanto all’altra ma senza scambi di sapore. C’è il frullato, ma il gusto di ciascun frutto non è più riconoscibile. La miglior soluzione è quella della macedonia in cui ogni frutto a pezzi contribuisce ad una armonia e mantiene una sua individualità, ma per ottenere il risultato finale deve accettare di essere tagliuzzato, con umiltà.
Quest’anno ci saranno tre passaggi, uno da qui a Natale, poi un secondo momento da Natale a Pasqua ed infine la Pentecoste. Nel primo faremo la memoria del cammino della Chiesa di Roma, come Mosè ha ricordato al popolo di Dio nelle prove quanto Dio aveva fatto per loro per liberarli dalla schiavitù d’Egitto e renderli un popolo. Dobbiamo fare questo esercizio spirituale per riconciliarci col nostro passato, dal dopo Concilio ad oggi, ossia gli ultimi 50 anni. Dobbiamo scrivere la storia delle nostre associazioni, dei movimenti, delle parrocchie, dopodiché faremo un incontro per vedere assieme il cammino della Chiesa, il senso profondo della fede che ci ha condotti ad oggi. Alla fine degli anni 60 la nostra Chiesa di Roma è stata organizzata in settori e prefetture, nel sinodo del ‘74 si è posta attenzione alle aspettative di carità della città, nel giubileo del 2000 la grande missione cittadina. Sono stati fatti grandi passi con grandi sogni, e noi non dobbiamo spezzare questo filo che li unisce, e nel caso di insuccessi, fatica, occasioni perse dobbiamo sciogliere i nodi che sono rimasti indietro. Tra i frutti più importanti di questo cammino c’è la scoperta della Parola di Dio, elemento imprescindibile di ogni attività liturgica, e c’è il passaggio a comunità cristiane anziché prestatori di servizi.
Prima di Natale in un ritiro cercheremo di scoprire chi è il Signore per noi, e da gennaio sino a Pasqua prenderemo la seconda medicina, il dono prezioso e gratuito che Dio ci offre con la riconciliazione, nonostante il nostro peccato, quando siamo assopiti, stanchi, seduti accanto alla “pentola della carne” come il popolo ebraico in Egitto prima dell’esodo. Dobbiamo toccare la radice della nostra malattia, il senso di sufficienza che ci impedisce di ascoltare Dio. Chiederemo il perdono al Signore, con una esperienza della misericordia con la prima settimana degli esercizi spirituali che Sant’Ignazio ha insegnato. La riconciliazione è possibile solo dove tutti hanno vissuto nel profondo la misericordia di Dio.
Tra Pasqua e Pentecoste l’ultima tappa sarà cercare di ascoltare il grido della nostra città. Mosè si tolse i sandali davanti a Dio perché era indegno, e Dio ha ascoltato il grido del popolo prigioniero in Egitto ed ha mandato Mosè a liberarlo. Tale ascolto richiede tempo, capire la sofferenza dei poveri, dei giovani, nel lavoro, nelle ingiustizie, nella corruzione, di chi non vede più il senso della propria vita.
Dobbiamo dire sì alla spiritualità missionaria. Dobbiamo dire sì alle relazioni nuove in Cristo.
Riprendiamo l’Evangelii Gaudium perché c’è una strada importante e forte da prendere.
Faremo una unica veglia di Pentecoste a Roma perché si realizzi il dono dello Spirito con una nuova missione per noi.
Chiude la riunione il nostro Vescovo Paolo Selvadagi: le cose stanno cambiando, e l’esposizione è chiara. Le 336 parrocchie di Roma saranno interpellate per camminare in questo progetto coinvolgente. Prosegue poi per il terzo anno la formazione permanente che nei primi due ha visto chiederci chi è Dio, e chi è il Cristo: quest’anno guarderemo allo Spirito Santo, con schede che entro fine mese verranno inviate in parrocchia.
Recitiamo infine la Compieta con l’ultimo canto del Salve Regina.

Giulia