Carmelo Domestico del 7 febbraio 2014


Carmelo domesticoStavolta a parlarci è Nadia, ed il tema è la spiritualità matrimoniale all’epoca in cui è vissuto Gesù, nel mondo ebraico. Benedetto XVI ha fatto uno spaccato della tradizione ebraica quale precursore del nostro nuovo concetto di Matrimonio, così da meglio capire come siamo oggi arrivati al concetto di amore di Dio per l’uomo, dell’uomo per Dio e dell’amore per il prossimo.

Nella tradizione ebraica amore per Dio ed amore per il prossimo sono sfere compenetranti, e qui stanno le nostre radici, anche se non le conosciamo.
Nella Scemà (che vuol dire “Ascolta Israele” incipit di un testo nel Deuteronomio) si dice che la cosa più importante di tutte è amare Dio con tutto il cuore, con tutta la persona e con tutta la forza.
Dio ama, e l’uomo risponde a tale amore ricambiandolo. Nelle tavole della Legge date a Mosè Dio con la sua alleanza parla all’uomo esprimendo il suo grande amore. Nella prima tavola ci sono i precetti verso Dio, nella seconda gli atti di amore verso il prossimo, e l’unione delle due tavole completa il disegno d’amore di Dio. Il comandamento che funge da cerniera tra le due tavole è quello dell’amore verso i genitori, attraverso i quali si trasmette la fede e l’insegnamento d’amore verso Dio. Lo stesso concetto è ripetuto nel Levitico, che chiede all’uomo di amare Dio con cuore, persona e forza, ed alla stessa maniera di amare il prossimo. Nella relazione che si crea tra due persone c’è lo spazio nel quale Dio si può manifestare. E’ un concetto essenziale nella tradizione ebraica quello della Shechinà di Dio, ossia della presenza reale e concreta di Dio nella relazione d’amore. In questo senso si legge la coppia, che ama davvero quando c’è la concreta presenza di Dio. Dio non è lontano dall’uomo, m si prende cura di lui, lo cerca continuamente anche dove potrebbe essere sufficiente a sé stesso. Senza sentire nel nostro intimo la presenza dell’amore di Dio, nel concreto della nostra esistenza, non abbiamo una esperienza davvero cristiana.
Il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe: la ragione di questa precisa elencazione sta nel voler sottolineare che Israele ha una storia nella quale non è mai stato abbandonato da Dio, che è allo stesso tempo sia il Dio dei nostri padri e sia il nostro Dio personale, di ciascuno di noi, di me e di te.
Nella creazione Dio esprime un atto di amore, si ritira e si auto-limita, per lasciare spazio alle creature. Nella Bibbia troviamo descrizioni poetiche e forti dell’amore di Dio, quali quella dell’aquila che protegge i suoi pulcini tenendoli sotto le sue ali: è un amore tenero ed attento, ed è descritto addirittura come superiore a quello della madre verso il figlio, perché la madre può distrarsi nel suo amore, mentre Dio no. Nel Cantico dei Cantici la reciprocità dell’amore tra amante ed amato è espressa in modo anche qui poetico, forte e passionale, persino carnale: il libro è stato inserito solo più tardi tra i Libri Sacri, e in esso Dio non è nominato, ma le sue immagini descrivono proprio l’amore di Dio per l’uomo.
Dio si piega alle necessità dell’uomo e non se ne rimane su in cielo, distante e distaccato. Con la sua misericordia ascolta e consola l’uomo nell’afflizione. Attraverso la risposta di Dio all’uomo bisognoso d’amore, l’uomo è chiamato alla perfezione, avvicinandosi a Dio nella pietà verso l’altro, nel perdono, nell’amore misericordioso verso il prossimo. Non riesce l’uomo da solo a non odiare il suo nemico, ma solo grazie all’amore di Dio può amare sino a rispondere al male con il bene. La pietra di paragone per il cristiano è verificare se l’amore verso gli altri è ad imitazione dell’illimitato amore di Dio per l’uomo.

Guido e Giulia Zucchelli.