Il Carmelo Domestico delle coppie della Traspontina – Febbraio 2015


tenerezza di gesùAlla riunione del 6 Febbraio, seguendo il cammino di Gesù quale medico delle coppie, abbiamo parlato dell’episodio di Emmaus. Il matrimonio non è un’oasi di felicità priva di crisi, e occorre accogliersi e donarsi reciprocamente ogni giorno. Per poter ricevere aiuto da Dio occorre essere disponibili ad incontrarlo. Leggiamo l’episodio dei due discepoli scoraggiati, in fuga da Gerusalemme dopo la crocifissione, delusi dalla morte di Gesù. Sono ad occhi chiusi, ripiegati su sè stessi nel dolore, e nemmeno vedono la persona che gli si affianca. Il terzo li interroga, e poi li ascolta. Loro sfogano la loro frustrazione, ed il viandante sconosciuto condivide questo loro racconto. Quando hanno finito di parlare, lo sconosciuto rilegge la Sacra Scrittura, spiega, trova i riferimenti alla vita di Gesù, e il dialogo a due diventa dialogo a tre, al punto che giunti a sera i due discepoli chiedono al terzo di fermarsi perchè rimanga con loro. E’ solo alla benedizione e frazione del pane che riconoscono Cristo, che allora scompare, come è scomparso il macigno che prima li opprimeva. Riempito di nuovo il loro cuore di amore e di coraggio i due tornano a Gerusalemme. Nell’episodio possiamo vedere 4 passaggi, leggibili anche nell’esperienza matrimoniale: 1) i due tengono gli occhi chiusi, 2) i due incontrano Cristo, 3) gli occhi gli si aprono 4) vivono da risorti. Anche tra gli sposi si può vivere un momento di chiusura, e per trovare una via di uscita la strada è aprirsi agli altri, ascoltare, senza rimanere solo tra i due sposi, per riscoprire la parola di Gesù che li riguarda. Gli sposi che vivono da risorti sono quelli capaci di reinnamorarsi, che vivono la tenerezza, che provano la tensione verso l’alto, verso Dio, senza lasciarsi assalire dalle cose terrene. La comunicazione ed il dialogo sono il motore della coppi, perchè se non ci si parla non si va avanti. Cristo ci mostra però che non si deve subito investire l’altro con tante parole, come per dare una lezione a chi ci ascolta, ma anzi occorre prima lasciar parlare l’altro, ascoltandolo con attenzione, per poi rincontrare assieme la parola di Dio. L’eucaristia, la gioia del cibo condiviso, che chiude l’incontro di Emmaus, porta come frutto alla nuova apertura agli altri, una volta superata la crisi, come una nuova Pasqua. Nell’incontro del 20 febbraio abbiamo visto come Gesù si faccia medico degli sposi tramite la tenerezza. Questo sentimento è alto, naturale, ci rende felici ed è il centro dell’amore tra gli sposi. E’ presente sino dall’innamoramento, e deve proseguire trasformandosi nel tempo anche durante il matrimonio grazie all’azione dello Spirito Santo. Deve diventare vera e propria scelta di vita, ossia la tenerezza deve essere volutamente un modo di vivere quotidianamente il nostro amore coniugale per evitare che quando le cose non vanno come vorremmo ci sovrasti la reazione della rabbia. Scegliendo la tenerezza, l’ansia, la depressione e la paura vengono lasciate da parte, affidandoci con fiducia a Dio che nel suo disegno di amore ci ha donato il creato, la vita. Dio si occupa con tenerezza delle sue creature infatti, e tutto è dono. Ispirandoci alla figura trinitaria la tenerezza può essere maestra di vita nella coppia, in famiglia, nella società. Anche nella Bibbia troviamo molte immagini ed episodi che ci parlano della tenerezza di Dio per l’uomo. Nell’esperienza maschile spesso un tempo il sentimento della tenerezza era bandito, come fosse una debolezza intollerabile, mentre è fonte di ricchezza e di felicità cui dobbiamo attingere sempre di più. Tenerezza è un termine che può essere concretamente rappresentato dal cuore stesso, che dove è di carne diventa tenero e malleabile, mentre se è di pietra, è duro ed impermeabile all’amore. Se ci si abitua al sentimento della tenerezza, senza timore delle lacrime che la commozione può suscitare e che non sono assolutamente un segno di debolezza, potremo apprezzare meglio la vita familiare, i figli, gli amici. Nella lingua ebraica il termine tenerezza è espresso come RACAMIM, che è un sostantivo plurale il cui singolare RACHEM vuol dire utero. E’ sentimento legato alle viscere perciò, come quello della madre nei confronti del figlio che ha portato in grembo, incondizionato e incancellabile anche ove il figlio abbia peccato. Altro termine ebraico per tenerezza è ESED, legato alla fedeltà ed alla misericordia: San Paolo ci dice che Dio ci ama anche quando gli siamo infedeli, ed anche negli episodi della Genesi lo dimostra, con la creazione del mondo donata all’uomo cui è dato il privilegio di assegnare il nome a tutte le creature. Nel maledire dopo il peccato originale Dio non colpisce l’uomo, ma il serpente: la cacciata all’Eden è mera conseguenza della libera scelta dell’uomo di contravvenire alla legge di Dio, e non è infatti una punizione. Scene di tenerezza sono quelle delle due madri che contendono un bambino davanti al re Salomone, o Giuseppe che si commuove quando ritrova suo fratello Beniamino in Egitto. Isaia ci parla di Israele che si lamenta di essere stato abbandonato da Dio, mentre se pure una madre ama il figlio così tanto da essere difficile pensare che se ne possa dimenticare, Dio ci ama comunque di più, e mai potrebbe dimenticarci. Nel Nuovo Testamento infine Gesù vive la sua realtà quale vero uomo, e più volte viene descritto come stupito e commosso di chi incontra chiedendogli il miracolo, come la donna straniera che chiede aiuto per sua figlia dicendogli che – se pure Gesù non vuole dare pane ai cani – eppure a lei sarebbero bastate le briciole che cadono dalla mensa del padrone. Anche nel miracolo dei pani e dei pesci Gesù dimostra la sua pietà e tenerezza per la folla che lo ha seguito per tutto il giorno senza pensare a trovarsi di che mangiare, come pure per il giovane ricco che gli chiede cosa fare di più per seguirlo, dopo aver seguito tutti i dettami della Legge. Anche  la parabola del figliol prodigo mostra l’infinita tenerezza del padre. Sulla croce, nell’affidare Maria a Giovanni e viceversa, ancora una volta Gesù mostra la tenerezza, come pure è espressa fortemente nelle lacrime di Gesù davanti alla tomba di Lazzaro, prima del farlo risuscitare. La tenerezza insomma deve essere coltivata sempre, sino all’infanzia, per rendere la coppia fortissima e far felici i figli, anche nella loro età adolescenziale quando magari apparentemente la disprezzano e la deridono, atteggiandosi a duri, mentre è per loro una enorme fonte di sicurezza.