Cantalamessa: difendere l’ideale biblico di matrimonio e famiglia
Cantalamessa: difendere l’ideale biblico di matrimonio e famiglia
Il progetto divino su matrimonio e famiglia e il suo apporto alla soluzione di problemi attuali, dalla cosiddetta “gender revolution” allo “scempio del dono della sessualità”. Questi i temi della quarta predica di Quaresima tenuta stamattina da padre Raniero Cantalamessa nella cappella “Redemptoris Mater” in Vaticano. Alla luce della Gaudium et Spes, il padre francescano ha ribadito il valore del matrimonio come comunione di vita tra uomo e donna, uniti e distinti a immagine di Dio Uno e Trino: un Sacramento fondato sul dono reciproco che, non è atto passeggero, ma “permanente”.
Serve dialogo e anche autocritica, metodo inaugurato dal Concilio Vaticano II, nel confronto con la “contestazione apparentemente globale” del progetto biblico su sessualità, matrimonio e famiglia cui assistiamo oggi. Padre Raniero, nella sua meditazione, cerca le istanze positive da accogliere nelle critiche odierne e rilancia l’invito non solo a difendere tale progetto biblico, ma anche a “riscoprirlo e viverlo in pienezza con i fatti più che con le parole”:
“Aprirsi all’altro sesso è il primo passo per aprirsi all’altro che è il prossimo, fino all’Altro con la lettera maiuscola che è Dio. Il matrimonio nasce nel segno dell’umiltà, è riconoscimento di dipendenza e quindi della propria condizione di creatura. È un farsi mendicante e dire all’altro: ‘Io non basto a me stesso, ho bisogno di te'”.
Nel Vangelo di Cristo, spiega il predicatore della Casa pontificia, sono ricapitolate e unite le due immagini della creazione uomo-donna proposte dalla Genesi. Una che pone l’accento sulla distinzione reciproca, entrambi creati a immagine di Dio col fine di riempire la terra, l’altra sul fattore unitivo, uomo e donna in una comunione di vita che ne fa una sola carne nel matrimonio, che Dio, con la sua presenza, rende indissolubile e fedele:
Diversi gli “oscuramenti” subiti nel tempo dal progetto biblico, fino all’“attuale contestazione” da affontare con dialogo e autocritica, spiega padre Cantalamessa. Solo così possiamo accoglierne due istanze – senza le conseguenze negative che alcuni ne hanno tratto – perché già nel cuore del progetto originario di Dio: il matrimonio come comunione d’amore tra gli sposi, bene primario accanto alla procreazione, e la pari dignità della donna rispetto all’uomo:
“Nei rappresentanti della cosiddetta ‘Gender revolution’, rivoluzione dei generi, questa istanza ha portato a proposte folli, come quella di abolire la distinzione dei sessi e sostituirla con la più elastica e soggettiva distinzione dei ‘generi’ (maschile, femminile, variabile), o quella di liberare la donna dalla ‘schiavitù della maternità’ provvedendo in altri modi, inventati dall’uomo, alla nascita dei figli. In questi ultimi mesi è un rincorrersi di notizie di uomini che fra poco potranno diventare incinti e dare alla luce un figlio. ‘Adamo dà alla luce Eva’, si scrive sorridendo, mentre ci si sarebbe da piangere. Gli antichi avrebbero definito tutto ciò con un termine: hybris, arroganza dell’uomo nei confronti di Dio”.
Tra due persone che si amano – e nel matrimonio è il caso più forte voluto dal Dio – si riproduce, aggiunge ancora padre Raniero, qualcosa che avvicina alla Trinità, dove Padre e Figlio amandosi producono lo Spirito che li fonde, il “noi divino”, la “prima persona plurale della Trinità”. Questo dovrebbe essere il modello degli sposi nel matrimonio, Sacramento del “dono totale e reciproco di sè”, non “atto passeggero” ma ” permanente”. Una valenza religiosa, questa, che “lo scempio del dono di Dio della sessualità in atto nella cultura e nella società di oggi” ha completamente perso:
“La spiegazione è che l’unione sessuale non è vissuta nel modo e con l’intenzione intesa da Dio. Questo scopo era che, attraverso questa estasi e fusione d’amore, l’uomo e la donna si elevassero al desiderio e avessero una certa pregustazione dell’amore infinito, si ricordassero da dove venivano e dove erano diretti”.
Sia il carisma degli sposati come quello dei consacrati, è la conclusione di Padre Raniero Cantalamessa, messo a servizio degli altri e nella comunità cristiana: le due vocazioni si edifichino a vicenda.
Di Gabriella Ceraso-Radio Vaticana.